Abbiamo il diritto di mortificare le tendenze e i sogni degli aspiranti psicologi?
“Possano le tue scelte riflettere le tue speranze, non le tue paure.” (Nelson Mandela)
Ho riflettuto molto sull’appello lanciato dal collega Mario Sellini di Aupi, ai tanti giovani che, seguendo le spinte autopoietiche, le proprie tendenze attualizzanti, desiderano intraprendere un percorso di studi che potrà consentire loro di diventare psicologi.
Sbocchi occupazionali
Innanzitutto, coerentemente con ciò che professo da oltre vent’anni nel supporto clinico di tante persone e nell’orientamento lavorativo di tante altre, sento il dovere di dichiarare che le variabili stabilite dal contesto di riferimento sono importantissime, quindi la domanda del mercato del lavoro va tenuta in seria considerazione, ma non meno delle determinazioni interne. La piena realizzazione dell’individuo può essere garantita esclusivamente dal sano equilibrio tra istanze interne e esterne. E tutti sanno che la nostra mission è facilitare l’incremento di salute della persona e della comunità.
Se pure volessimo ignorare l’esigenza di un’autorealizzazione piena, trascurando le istanze interne e considerando esclusivamente la domanda del mercato, quali indirizzi professionali potremmo oggi suggerire ai nostri figli? Quali sono gli spazi professionali ancora disponibili ad accogliere facilmente i giovani laureati, se non quelli da inventarsi, all’interno delle antiche professioni, con percorsi di iperspecializzazione? Ma prima di approfondire questo punto, mi chiedo, valutando la passione per una professione la condizione sine qua non, accanto a competenza e conoscenza, quale potrebbe essere la qualità dell’offerta professionale se i nostri lavoratori esercitassero una professione solo perché è l’unica che possa garantire occupazione.
Nuovi ambiti d’intervento
Quanto all’azione proattiva dell’inventarsi un lavoro, o meglio uno spazio occupazionale, dovremmo rispolverare i nostri testi universitari e le ricerche condotte da nostri esimi colleghi. Non siamo forse noi psicologi ad aver suggerito al mondo intero l’opportunità dell’essere proattivi, la necessità di provare a modificare l’ambiente di riferimento, prima di adattarvisi passivamente?
Spetta dunque proprio a noi essere coerenti e immaginare nuove declinazioni della psicologia, superando, una volta per tutte, la rigida associazione psicologi/clinica/sanità.
Il rapporto psicologi/cittadini appare forse insostenibile se continuiamo a pensare alla nostra professione come spendibile esclusivamente nell’ambito sanitario. Ma gli psicologi non devono occuparsi solo di sanità.
Forse l’auspicato definitivo passaggio di giurisdizione al Ministero della Salute ci ha confusi, ma possiamo solertemente riposizionarci valorizzando questa transizione. La denominazione del Ministero di riferimento è della “Salute” non più della “Sanità”; e tutto ciò che noi facciamo, a prescindere dall’ambito d’intervento (clinica; azienda; sport; scuola; alimentazione; marketing; economia; ecc.), mira a facilitare i processi di sviluppo della salute, che come ci indica l’OMS è uno “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”.
Abbiamo abdicato spazio che ci competeva a favore di altri professionisti proattivi; così gli ingegneri gestionali, i coach, i cousellor, i pedagogisti; gli esperti di marketing e tante altre virtuose categorie professionali hanno occupato spazi che per storia e competenze avremmo potuto conquistare noi. Ed invece di darci da fare e recuperare il tempo perso ci limitiamo a rivendicare azioni che altri hanno svolto perché noi non le garantivamo.
Insieme proattivamente
Non c’è più tempo da perdere! Aiutiamo gli aspiranti colleghi, e noi stessi, a facilitare la creazione di una rinnovata identità professionale. Facilitiamo, come gli esperti di economia sanno fare, una modifica della domanda di mercato. Interveniamo coesi e convincenti sui processi politici, con le evidenze frutto di decenni di ricerca, evidenziando la convenienza sociale ed economica del coinvolgimento degli psicologi.
Coadiuviamo la sperimentazione del nostro lavoro in nuovi ambiti di intervento, reinserendoci in quelli che abbiamo trascurato. Suggeriamo alle Università l’ampliamento dell’offerta formativa, che deve necessariamente contemplare anche la fruizione di moduli centrati sulle competenze di progettazione. Facciamoci conoscere dalle altre categorie professionali, proponendo azioni e progetti interprofessionali integrati. Curiamo l’iperspecializzazione dei nostri giovani colleghi, che non possono immaginare di potersi occupare della psicologia tout court, perché ciò significa bassa qualità e conseguente scarsa credibilità dell’intera categoria. Smettiamo di lamentarci di ciò che non ci viene concesso, di ciò che non abbiamo, senza prima aver tenacemente e con competenza provato ad avere di più. Facciamo tutto questo ed altro, ma facciamolo insieme! Solo così, finalmente, potremo essere pienamente orgogliosi di essere psicologi.
Contro appello agli aspiranti psicologi
Miei cari ragazzi, da psicologa, madre e soprattutto da persona, non mi sentirei coerente nello scoraggiare le vostre aspirazioni professionali. Sono psicologa per passione, per scelta, per vocazione. Avevo rinunciato al mio sogno, ancor prima di tentare a realizzarlo, perché ai tempi della mia scelta universitaria sembrava che la Facoltà di Scienze Statistiche promettesse molte più opportunità di quanto non potesse garantire quella di Psicologia, e inoltre la matematica mi appassionava e mi appassiona ancora, non quanto la psicologia. Ma dopo un anno di ottimi risultati in un percorso che sembrava potermi garantire una sicurezza lavorativa, decisi di ascoltare me stessa.
Ed eccomi qua, dopo ventisei anni da quel proficuo giorno, da quel cambio di rotta, a testimoniarvi la gioia e la gratificazione che questa professione può garantire a chi la sceglie per passione, per amore.
Ma sappiate che la passione non è sufficiente. Serve tanto sacrificio, importante studio, approfondimento, confronto, messa in discussione costante, umiltà e tanto altro per diventare psicologi. Per lavorare come psicologi a questo dovete aggiungere intuizione, flessibilità, proazione, aggiornamento costante, approfondita cultura generale, nozioni interdisciplinari, capacità di autopromozione, attitudine al lavoro di squadra, serietà e credibilità professionale, tenacia e soprattutto la nitidezza di una radicata identità professionale.
Se la prospettiva di tante difficoltà non ha scoraggiato la vostra ambizione relativa al diventare psicologi, vi auguro uno splendido percorso universitario, con la promessa che tra circa sei anni (3+2 di università + 1 di tirocinio + esame di Stato) sarò al vostro fianco per festeggiare il vostro ingresso nella comunità professionale a cui degnamente apparterrete. Se noi veterani sapremo lavorare bene, in termini di politica professionale, saremo in tantissimi, ma non abbastanza per rispondere alla domanda di mercato, che noi stessi avremo contribuito a far crescere. Ad maiora!