La spirale dell’aggressività
Cosa proviamo quando apprendiamo una notizia dai contenuti aggressivi?
Cosa proviamo quando siamo oggetto o testimoni di sarcasmo, ingiustizia, offesa, calunnia, pettegolezzo o sopruso?
Cosa proviamo quando percepiamo gli altrui comportamenti come spiacevoli, ingiusti, intenzionali ed evitabili?
Se la risposta a questi tre quesiti è “rabbia”, possiamo definirci biologicamente e psichicamente sani.
Se siamo sani, infatti, ogni qualvolta qualcosa/qualcuno ostacola il raggiungimento del soddisfacimento dei nostri bisogni, tra cui la tutela delle dimensioni di comodità e/o sicurezza ideali o reali, o viola i nostri diritti, proviamo rabbia.
La rabbia dunque, a dispetto dei costrutti sociali che abbiamo acquisito, essendo un’emozione fondamentale con una base innata e una funzione che permette all’individuo di adattarsi e sopravvivere all’ambiente, non è di per sé giusta o sbagliata; costituisce semplicemente un alert per chi la percepisce, che segnala che qualcosa o qualcuno sta impedendo il soddisfacimento di un proprio bisogno. All’alert segue spontaneamente la preparazione all’azione, con l’attivazione delle variazioni fisiologiche che mettono la persona in condizione di attivare comportamenti finalizzati all’inibizione dell’ostacolo.
Cosa definisce dunque la rabbia come utile o dannosa, funzionale o disfunzionale?
La valenza positiva o negativa della rabbia è esclusivamente stabilita dalla modalità comportamentale che da essa scaturisce.
Il problem solving, la negoziazione e la creatività sono alcune delle risposte adattive alla rabbia che facilitano la rimozione dell’ostacolo che impedisce l’appagamento dei propri bisogni, in assenza di aggressione, fisica o verbale, secondo il modello “io vinco – tu vinci”.
L’aggressione – anche passiva – e la violenza, invece, seguendo il modello “io vinco – tu perdi” o addirittura “io perdo – tu perdi”, insieme all’inibizione della rabbia, modello “tu vinci – io perdo” che determina l’evitamento delle situazioni conflittuali e la frustrazione, costituiscono una risposta inefficace e dannosa per se stessi e per gli altri. Tra l’altro tali risposte facilmente innescano una spirale di aggressività e violenza.
Se davvero è nostra intenzione interrompere la spirale dell’aggressività, al fine di arrecare a noi stessi e agli altri benessere, possiamo, dopo aver dato pieno diritto di cittadinanza alla rabbia che sentiamo, vivendola intimamente fino in fondo, provare a:
1) respirare profondamente e prenderci qualche minuto prima di agire, per ipotizzare, responsabilmente, gli esiti delle nostre azioni;
2) stabilire onestamente se l’ostacolo percepito è frutto di reale intenzionalità di danno nei nostri confronti da parte dell’altro;
3) stabilire se il comportamento che vogliamo mettere in atto è mirato realmente alla rimozione dell’ostacolo, al ripristino di garanzia dei nostri diritti o più in generale della giustizia sociale, piuttosto che al ferimento, morale o fisico, di chi ha determinato l’impedimento al soddisfacimento dei nostri bisogni;
4) esprimere con assertività, in prima persona senza giudizi e generalizzazioni, i nostri bisogni;
5) cercare soluzioni sostenibili al fine di ripristinare lo stato desiderato o, quando non possibile, di ridurre il danno;
6) evitare di esprimere interpretazioni delle condotte altrui, limitandoci a comunicare approvazione o disapprovazione degli esiti di tali comportamenti;
7) comprendere gli altrui bisogni e le altrui percezioni della realtà al fine di negoziare;
8) non riferire, in assenza di uno scopo costruttivo evidenziato, vicende apprese di aggressività o violenza;
9) mediare conflittualità tra terzi;
10) ricordare che possiamo essere beneficiari della nostra rabbia se la consapevolizziamo e la utilizziamo costruttivamente, così come possiamo esserne le prime vittime se l’agiamo inconsapevolmente.
Buona inevitabile rabbia a tutti noi che insieme, con un po’ di impegno, riusciremo ad ostacolare l’andamento della spirale dell’aggressività, provocandole con piena consapevolezza e responsabilità un danno!